Interstellar e l’amore

Non vado più al cinema da anni.
Tanti i film che avrei voluto vedere, magari su uno schermo grande a prova di presbiopia e con volume alto a prova di sordità incipiente (ognuno ha i suoi problemi), ma i cinema con i popcorn urlanti e quelli con intellettualoidi all’aglio fanno ormai parte dei non-luoghi che ho abbandonato.

Tra i tanti, Interstellar di Nolan. Ho letto molti commenti, ho sentito tante frasi (alcune già fatte, altre da fare) da parte di persone (alcune già fatte, altre da fare) che conosco e altre di cui intuisco l’esistenza attraverso i Social Media. Ecco, in breve, e in ritardo, una non richiesta cronologia delle visioni.

Prima Volta:
Non mi è piaciuto, ho beccato subito il fantasma, produzione decente, storia così così, chissà cosa direbbe Isaac, un evento ambizioso e non compiuto.

Seconda Volta:
Però. Non mi ero accorto di alcuni dettagli della fotografia. Lui recita, mi piace, lei no. Caine è un grande, voglio invecchiare così, ma sarà difficile. Le sottotrame non sono così malaccio.

Terza Volta:
Mi è piaciuto di più. Alcuni concetti densi sono nascosti da un genere reso minorato come quello della Sci-Fi, ma sono riusciti a colpirmi. Lei mi è piaciuta (recitazione e non gnocchitudine) e non credo che fosse possibile un’altra fine.

Quarta Volta:
MI sono commosso. La definizione dell’amore effettuata in una capsula stagna immersa proprio dove la vita non è possibile. L’amore come altra dimensione. L’amore tra Padre e figlia. L’amore tra Figlia e padre. L’amore tra l’altra figlia e l’altro padre. L’amore e la distonia tra fratelli. L’amore per chi non c’è più. L’amore che non è mai stato. L’amore che è stato e che ora non c’è più. L’amore che si è trasformato.

Alla fine, è solo una questione d’amore.
Love,
Gabba

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